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L’esistenzialismo umanistico

Da quanto ho scritto in queste pagine spero emerga chiaramente che, pur riconoscendo il debito che il mio approccio esistenziale umanistico ha con Otto Rank e con l’esistenzialismo europeo, da un lato, e con la psicologia umanistica di matrice americana, dall’altro, esso vuole anche rivendicare il suo carattere profondamente originale e innovativo.

So bene che anche Jean-Paul Sartre volle sottolineare il rapporto tra esistenzialismo ed umanesimo dedicando al tema un proprio saggio intitolato “L’esistenzialismo è un umanesimo”. Ma quel saggio, tanto famoso quanto fumoso, non può nascondere il tradimento sistematico degli ideali umanistici di libertà e dignità umana che la quarantennale complicità tra Sartre e il dispotismo comunista ha comportato.

Qual è dunque l’esistenzialismo umanistico cui s’ispirano le teorie e le tecniche del nostro approccio ?

E’ l’esistenzialismo che risponde coerentemente all’analisi della cultura e della sofferenza psichica umana tratteggiate qui e nell’opera “Lo shock primario”: non certamente, quindi, quello astratto e nebbioso di stampo heideggeriano che è approdato sul piano clinico all’altrettanto nebbiosa psicologia esistenziale di Ludwig Binswanger e Medard Boss e, sul piano sociale, alle simpatie naziste del filosofo di Friburgo; né quello dogmatico di un Kierkegaard o di un Sartre che, per ridare all’uomo antiche certezze religiose o nuove certezze rivoluzionarie, approda alla legittimazione del Dio cruento di Abramo o del Terrore comunista; e neppure quello edulcorato di stampo americano, ove l’angoscia primaria dell’uomo è del tutto sottaciuta o apertamente derisa (come nell’incredibile frase di Abraham Maslow : “Non dobbiamo prendere troppo sul serio l’insistenza degli esistenzialisti europei sull’angoscia esistenziale o roba simile”: sic! ) per far posto all’ennesima, facile celebrazione delle “magnifiche sorti e progressive”.

Il nostro è l’esistenzialismo che, muovendo dalle coraggiose intuizioni di Otto Rank e dall’appassionata fede nell’uomo delle opere migliori di Albert Camus ( da “La peste” al “Mito di Sisifo” a “L’uomo in rivolta” ai “Discorsi di Svezia”) sviluppa una visione drammatica e al tempo stesso eroica della condizione umana.

Lo spirito del mio metodo emerge dalla definizione dei suoi scopi che ho proposto ai miei allievi durante un seminario. Uno di loro mi ricordava la gelida ma onesta definizione che Freud aveva dato dei compiti della psicoanalisi ai suoi allievi: “Potremo considerarci soddisfatti se riusciremo a trasformare la disperazione del nevrotico nella moderata infelicità che consideriamo normale”. E subito mi domandò come io definissi gli obiettivi del nostro approccio: “Potremo considerarci soddisfatti – risposi – se trasformeremo la moderata infelicità che consideriamo normale nella capacità di affrontare le drammatiche tempeste di felicità e disperazione che caratterizza una vita intensamente vissuta”.

Sul piano della psicoterapia e del counseling, il nostro approccio vuole dunque non solo riconoscere e affrontare l’ultimo tabù della psicologia – appunto l’angoscia di morte – nell’interesse del cliente, dell’operatore e di un’efficace bonifica della conflittualità individuale e sociale, ma anche offrire la possibilità di elaborare e di affrontare le tremende tensioni esistenziali e razionali di ogni essere umano (e del disagiato psichico in particolare) nel clima di contatto empatico, di solidarietà e di creatività che la psicologia umanistica può assicurare.

Il nostro, insomma, è un esistenzialismo davvero umanistico, che non pretende di negare l’aspetto drammatico dell’esistenza, rifiuta di sacrificare la libertà e la creatività umane a vecchi e nuovi dogmatismi di stampo religioso, politico o filosofico e punta invece a sviluppare la solidarietà e la creatività degli esseri umani: sventurati ed entusiasmanti eroi che sfidano le leggi monotone e crudeli della natura e del cosmo con i loro sogni d’Amore, Felicità, Bellezza, Giustizia e Immortalità.

L’emersione della coscienza, infatti, non è stata matrice solo di follie fanatiche e stragiste, ma anche d’una evoluzione emozionale e intellettuale che sta alla base delle più creazioni e dei sogni più belli dello spirito umano. Questi sogni, credo, possono essere visti non solo come espressione del bisogno dell’Uomo di dare un significato alla propria vita ma anche come espressione d’una tendenza della Vita, che trova nell’essere umano la sua massima realizzazione conosciuta, a ripensare se stessa ed a riorientare il suo corso.

Come tutti sappiamo, infatti, finora la Vita è riuscita a svilupparsi e ad articolarsi solo attraverso un cruento processo di guerra perpetua di tutti contro tutti (“omnes erga omnes”) nel quale ogni organismo vive uccidendone altri (mors tua vita mea).

Possiamo dunque considerare la Vita come un missile che si è levato dal mare della materia inorganica, che è riuscito a procedere e ad evolversi solo in un contesto di perpetuo conflitto e che ha nell’essere umano il suo ultimo stadio, infinitamente ricco di energia e di propellente e, per di più, forse capace di autonomizzarsi dalla parabola evolutiva precedente, alimentata dal Dolore e dalla Lotta, e di ridisegnare la sua rotta.

In quest’ottica, i Sogni dell’Uomo possono essere visti come anticipazioni della Rivoluzione Cosmica di cui la coscienza umana è portatrice. Quale che sia l’esito di questo processo rivoluzionario appena iniziato non è dato sapere: le forze inerziali e mortifere del vecchio Ordine Naturale e Sociale sono immani e quelle dell’Essere Umano sono estremamente esigue: ma se consideriamo quanto l’uomo civile è riuscito a realizzare nel corso dell’ultimo mezzo secolo (dalla conquista della Luna all’elettronica all’ingegneria genetica), cioè in una frazione infinitesimale del milione d’anni di vita dell’homo sapiens, sperare in una sua futura padronanza del processo evolutivo non è affatto assurdo.

Insomma, per la prima volta (almeno per quanto ci è dato sapere) col pensiero umano nasce, dal caos del sistema biologico di lotta universale, una forma di vita che grida la sua ribellione contro la legge della Sofferenza, della Morte, del Conflitto e dell’Indifferenza e arriva ad immaginare un nuovo ordine di Armonia e Creatività Immortali che trova nell’uomo e nella sua spiritualità la propria massima espressione. E se per l’essere umano, ancora inchiodato alla legge della Morte, questa nascita è fonte d’indicibile sofferenza, in una prospettiva evoluzionistica essa sembra indicare una finalità profonda del processo vitale: la realizzazione, cioè, di una nuova fase dell’Evoluzione Vitale che recuperi l’immortalità dei primordi unicellulari associandola ai valori d’amore e felicità espressi dalla Vita nel suo stadio evolutivo più elevato, appunto quello umano.

Sì, se guardiamo in modo panoramico all’Evoluzione Vitale non possiamo non restare colpiti dall’autentica rivoluzione che in essa ha segnato la comparsa del pensiero umano. Ultimissimo sviluppo d’un processo iniziato col primo organismo vivente, esso sembra esprimere prima in termini mitici, con i suoi sogni religiosi e politici, ma poi anche in termini critici, con i suoi sforzi filosofici e scientifici, una tendenza reale della Vita a spezzare le catene della Morte e della lotta universale che l’hanno finora imprigionata e forse assicura a questa tendenza un nuovo, immenso potenziale inventivo e operativo.

Anche se per certi aspetti l’ipotesi interpretativa qui proposta echeggia l’idea di Theilard de Chardin di un’evoluzione dell’universo intero verso la spiritualità, essa se ne differenzia radicalmente perché abbandona la certezza provvidenzialistica che, nel gesuita proibito, era ancora forte. Nulla, in questa mia ipotesi evolutiva, è garantito. Anche l’odierno scontro tra l’Umanesimo Liberale e il fanatismo islamico non è più uno dei tanti scontri della Storia umana ma uno scontro decisivo tra il tentativo della psiche umana di sviluppare una Rivoluzione Cosmica contro le forze della Morte e del Conflitto e la sua difficoltà a vivere senza le vecchie certezze di Salvezza Esclusiva e senza i cruenti rituali di odio intraspecifico e di Guerra Santa che da quelle certezze arroganti discendono. Le sorti di questo scontro dipendono anche da noi.

Quella che potrebbe emergere da queste riflessioni è semmai una sorta di religione immanentistica dell’Uomo, che vede nell’Evoluzione Vitale una spinta antica della Vita verso la liberazione dalle crudele leggi naturali di Morte e Lotta perpetua e universale e che scorge nella coscienza umana una prima espressione consapevole di questa Rivoluzione Cosmica contro la Morte, il Dolore e l’Indifferenza.

Ovviamente, questa visione comporta un radicale riorientamento degli sforzi umani, dalla palude inconcludente dei conflitti intraspecifici ad uno sforzo solidale di ricerca e lotta al servizio della Vita, che dovrà coinvolgere non solo le risorse scientifiche ufficiali ma anche quelle finora trascurate o snobbate: dagli stati alterati di coscienza alla medicina alternativa alla parapsicologia. E’ comunque evidente che, in questa lotta decisiva, il nemico primario resta il fanatismo.

Con questo esistenzialismo umanistico non è affatto incompatibile una religiosità profonda, ma scevra da ogni dogmatismo teologico. E’ una religione immanentistica dell’uomo e della donna che si riassume bene nelle parole solenni scritte da Henri Bergson nella sua famosa opera “L’evoluzione creatrice”:

“Vedo l’umanità con una grande armata a cavallo che galoppa attraverso il Tempo e lo Spazio in una carica eroica, capace di travolgere ogni ostacolo, forse anche la Morte.”